Io accetto totalmente l'essere umano, così com'è, perchè solo in questo modo si può trasformare.
Certo, io ti accetto così come sei, ma il mio accettarti non significa che devi rimanere come sei: la mia accettazione significa che comunque tu sia, io ti rispetto, ti amo....

Io sto tentando un metodo totalmente diverso. Ti accetto così come sei, ma questo non significa che voglio che tu rimanga come sei. Ti amo come sei, ma ti amo perchè in te hai un enorme potenziale, una possibilità infinita di crescita: basta solo un piccolo sforzo, e puoi diventare luce per te stesso. (Osho)

mercoledì 29 dicembre 2010

L’abbandono....parte I

"Oggi ho davvero esagerato e ti chiedo scusa! La mia umanità ha prevalso su tutto, sulla logica perfino, addirittura sulla possibilità assolutamente valida che tu non avessi voglia di uscire perchè stanco da una giornata pesante.

D’altro canto non è un periodo facile nemmeno per me. La situazione di mia madre mi ha totalmente sconvolto, ho paura di perderla…per sempre...

Credo che la perdita delle persone care sia il punto focale di tutta la situazione. Ho fatto di tutto un unico pensiero: perdere lei, perdere te, importanze diverse, ruoli diversi ma sempre due persone care due persone che amo nella mia vita.

Quando ti sento parlare di partire e penso che non potrò vederti più mi si stringe il cuore e mi manca l’aria al pensiero che tu sia così lontano da me.

Quando penso che potrei perdere mia madre mi manca il respiro e non so che fare....mi sento impotente...cosa posso fare io davanti ad un male incurabile?

Certo problemi e situazioni diverse ma si tratta sempre e comunque di perdere una persona importante...anche se il peso è diverso...

Sono una pazza mi rendo conto: vivermi l’abbandono perchè non esci e me lo avevi promesso è folle, ma ti chiedo scusa per questo. Volevo solo stare un po’ con te…"



...Questi sono pensieri notturni, scritti a maggio dopo una litigata telefonica...dopo una situazione banale, dopo una piccolezza che mi ha fatto vivere l'abbandono, dopo aver provato a capire a cosa fosse dovuto il mio disagio...perchè ci viviamo l'abbandono? perchè ci sono momenti in cui basta così poco per farci sentire insicuri? cosa scatta dentro di noi?e soprattutto, perchè attribuiamo agli altri la responsabilità di un vissuto di abbandono?


E allora in questi giorni di grandi riflessioni, di litigi e di discussioni ancora incomplete, di vaffanculi vari ed eventuali, in questi giorni di analisi e liste: positivo/negativo, mi trovo a scrivere un pezzo, notturno ovviamente, su un tema molto in voga in questi ultimi anni:


L’abbandono


Mandiamo a monte rapporti, amicizie, famiglia e relazioni per l’abbandono. Ci viviamo questo disagio come se fosse una situazione importantissima. Perchè ciò accade?

E soprattutto perchè questo accade a noi adulti??… dovremmo aver superato da tempo la paura di perdere le persone care, la paura di venire abbandonati, la paura di non valere abbastanza agli occhi di un’altra persona sia essa compagna, amica, sorella o madre.

L’abbandono e la paura dell’abbandono riguardano l’infanzia. Il bambino teme l’abbandono perchè la sua vita dipende dalla madre, l’essere umano emotivamente più vicino e capace di salvaguardarne l’esistenza, con cibo, acqua e affetto.



Ma da adulti cosa ci fa sentire come se fossimo creature indifese?

Razionalmente questa situazione non esiste. Razionalmente ognuno di noi sa di essere indipendente, e di poter garantire a se stesso la propria incolumità. Allora quali altri fattori entrano in gioco?

La conferma. Di essere importante per qualcuno, di essere indispensabili a qualcuno, di sapere che – così come noi dipendiamo emotivamente da questa persona – esiste nel mondo qualcuno che dipende emotivamente da noi. Ci fa sentire importanti, ci fa stare bene, ci conferma appunto di avere un ruolo di rilievo nella vita delle persone che amiamo.

Non so dire se questo sia un bene o un male.

Sicuramente ci crea dipendenza, e la dipendenza di per se non è mai qualcosa di positivo, perchè crea automaticamente insicurezza e paura, ci crea dei bisogni fasulli e ci fa sentire vulnerabili. La paura dell’abbandono ci fa sentire vulnerabili e dipendenti.

Chi di noi in fondo non è stato mai abbandonato? Da una moglie, da un marito, da un compagno che ci aveva promesso amore eterno, dall’amico del cuore e spesso dalla famiglia. Il più delle volte veniamo abbandonati senza una vera ragione, senza un motivo valido, senza una spiegazione immediata e ci comportiamo come se il mondo ci crollasse addosso, si chiude una relazione e noi non riusciamo a sollevarci, ma cadiamo sempre più giù, diventiamo tristi, dubitiamo di noi stessi e siamo certi di non meritare un destino di gioia e felicità. Ma ovviamente non è una cosa reale. E’ solo una sensazione data dalla paura. Paura di non essere adeguati, paura di non essere all’altezza, paura di non essere abbastanza forti.

Come fare per superare tutto questo?

Credo che la vera soluzione al problema sia rendersi conto di essere unici. Non solo nel senso dell’unicità, ma più che altro nel senso della individualità. Rendiamoci conto che qualunque legame noi stabiliamo all’esterno di noi, quello più forte e che ci tiene ben ancorati su questa terra è il legame che stabiliamo con noi stessi. Sono le certezze che ci rendono stabili. E ovviamente non mi riferisco alle certezze materiali. Sono le certezze di una individualità che ci fanno stare in piedi da soli, senza bisogno di punti di appoggio, senza una relazione stampella per tirarci su e per sostenerci. Le certezze di una indipendenza mentale, della capacità di organizzare la propria vita e le proprie giornate indipendentemente dall’amico, dal fidanzato o dalla famiglia. La certezza di poter trascorrere le giornate da soli e avere sempre qualcosa da fare, senza annoiarsi, senza ripiegare su un supporto esterno. Questo è essere adulti, indipendenti, questo è reggersi sulle proprie gambe. Se si è in grado di fare questo, allora si sarà in grado di costruire una relazione adulta, non una basata sul ricatto emotivo e sulla dipendenza. Ci si incontra come individui ognuno dotato del proprio zainetto di esperienza e si decide, autonomamente, di mettere a disposizione dell’altro il contenuto dello zainetto. Di condividere le esperienze, di condividere le emozioni, di condividere la propria individualità. Questa è una relazione adulta, quella dove non ci si appoggia all’altro, ma semplicemente si cammina uno accanto all’altro, ci si aspetta lungo il cammino, si parla quando si incontrano delle difficoltà, si condividono i momenti belli e quelli brutti.

Quando saremo in grado di costruire la nostra individualità, allora saremo in grado di condividerla con un altro individuo per costruire una relazione vera, stabile, in grado di crescere e fortificarsi nel tempo, non una relazione dipendente di due individui che prendono l’uno dall’altro, ma una relazione in cui ognuno da e riceve dall’altro, ciascuno in base al proprio zainetto di emozioni e di esperienza...


2 commenti:

Franz ha detto...

Cavolo Cugi,hai l'estro della scrittrice.....facci un pensierino!

Un bacio!

Roberta ha detto...

:-) grazie cugi.... detto da te ha un suono importante :)inizierò a pensarci seriamente!!!